Più passano gli anni e più la questione delle scarpe da indossare sotto l’abito da sposa si fa impellente per tutte le ragazze o le donne che decidono di convolare a nozze. In realtà sono secoli che le scarpe costiuiscono il capo d’abbigliamento principe del guardaroba femminile, ma c’è da dire che, per quanto riguarda le spose, ci si è sempre focalizzati sull’altro “capo” del suo corpo: la testa. A simboleggiare la donna in procinto di prendere marito non sono i suoi piedi, ma il velo, che rappresenta la sposa e il suo ruolo rispetto allo sposo sin dai tempi degli antichi romani. Non a caso, presso i latini, l’espressione usata per indicare un uomo che si sposava era “prendere moglie”, mentre quella di cui ci si avvaleva per designare una donna che convolava a nozze era “velarsi per qualcuno”. Man mano che gli anni passano ci si allontana dalle radici storiche dell’unione matrimoniale e ci si libera delle tradizione; stando così le cose, probabilmente, è giunto il momento, per la donna-sposa, di ri-appropriarsi della propria “estremità inferiore”, di giungere all’altare rendendo giustizia a tutto il suo corpo, dalla testa ai piedi.
La tradizione, per quanto riguarda le scarpe da sposa, è piuttosto rigida. Anzitutto è noto che le scarpe vadano scelte dopo il vestito. Il motivo di ciò è banale: la scarpa perfetta è dello stesso tessuto e dello stesso colore dell’abito. Se una sposa dovesse decidere, dunque, di indossare un vestito bianco con delle scarpe champagne, saranno in molti a pensare che sarebbe meglio per lei se il vestito fosse sufficientemente lungo da coprirle i piedi. I più
tradizionalisti suggeriscono, addirittura, di controllare che le proprie scarpe da sposa abbiamo la suola di una tonalità neutra. A questa regola, naturalmente, non c’è da prestare attenzione, perché escludere le suole colorate significherebbe escludere sin dall’inizio le calzature di Christian Louboutin, il che non è affatto un buon modo di cominciare la scelta delle proprie scarpe da sposa. Se questa regola appare logica, i veri amanti delle scarpe si renderanno conto di quanto, in realtà, non lo sia necessariamente. Perché è la scarpa a doversi adeguare al vestito e non viceversa? Se davvero vogliamo restituire ai piedi delle donne l’importanza che meritano, potremmo imparare a fare il contrario: partire dalle scarpe giuste e in base a quelle scegliere l’abito. Vogliamo proprio esagerare? La tradizione non è fatta solo per essere rispettata, ma anche per essere oltraggiata, infranta, superata. Da anni è stato sdoganato l’obbligo di indossare un vestito bianco o, al limite, panna o avorio e le donne vestono, sebbene in percentuale inferiore, anche abiti dei colori più disparati; perché non è possibile fare lo stesso con le scarpe? Anche in questo caso, ovviamente, ci vuole un certo criterio per far sì che delle scarpe minuziosamente scelte per il grande giorno non sembrino capitate per caso sotto il proprio abito. I tessuti devono essere, se non uguali, almeno affini, e i colori devono star bene tra loro. Naturalmente il colore delle scarpe da sposa non deve essere necessariamente sgargiante: anche un cipria vagamente audace o un nero solenne fanno la loro figura.
C’è un altro punto sul quale la tradizione delle scarpe da sposa non transige: devono essere scollate e le loro punte non devono essere esagerate. Sandali, stivaletti, francesine e simili sono assolutamente vietati: i primi lasciano scoperto il piede, i secondi coprono caviglia e collo del piede, simboli di una femminilità antica che si esprimeva nella pudicizia violata dalla nudità della parte inferiore della gamba e della parte superiore del piede. La tradizione, che non è una regola infrangibile ma un promemoria che istruisce ma non vincola, vieta gli stivali per un motivo ben preciso. Non è difficile immaginare che una scarpa ingombrante come lo stivale non solo va a coprire quella parte anatomica pudica e sensuale al contempo che sono le caviglie, ma appesantisce la figura, soprattutto se indossato sotto un vestito lungo. Il discorso, naturalmente, cambia se l’abito da sposa è al ginocchio, ma c’è da dire che anche in questo caso per osare tanto bisogna assumersi delle responsabilità e fare i conti con la propria corporatura; se il parametro dovesse essere solo quest’ultimo, in generale potremmo dire che anche sotto l’abito corto stanno meglio un bel paio di décolleté, magari di una tonalità particolare. Un esempio di scarpe da sposa colorate, eleganti e perfette per un vestito corto? Le Hangisi blu di Manolo Blahnik, ovvero le scarpe che Mister Big calzò ai piedi di Carrie Bradshaw in Sex and The City e che facevano le veci di un anello di fidanzamento. Perfette anche in bianco per le meno audaci, le calzature in questione sono rivestite in
raso e il loro tacco misura 10,5 cm, che per una scarpa da sposa tradizionale sono decisamente troppi. Sì, perché il “tasto dolente”, per quanto riguarda le scarpe da sposa, è la lunghezza del tacco. Per ragioni di comodità ma soprattutto per far sì che la sposa non superi lo sposo in altezza, il bon ton comanda che i tacchi siano bassi. Viene da sé che questo dettame tradizionale è il primo che possiamo salutare da lontano: se una donna può e deve sentirsi libera di indossare scarpe colorate non si capisce perché non debba poter indossare anche scarpe alte. Il fatto che rischi di sembrare più alta del futuro marito è una questione meramente soggettiva: se non dà fastidio agli sposi non deve costituire un problema per gli invitati.
Fra i vari suggerimenti della tradizione ce n’è, infine, uno sul quale non è possibile passare sopra nemmeno con addosso le scarpe più stravaganti della storia matrimoniale:
le scarpe da sposa non vanno tolte mai e poi mai, se non nel segreto della stanza in cui la donna si spoglierà prima di affrontare quella che, sempre secondo la tradizione, dovrebbe essere una notte molto speciale. Nel corso della storia ci sono notevoli esempi di scarpe da sposa perfette. Se volessimo menzionarne solo due non potremmo esimerci dal citare due spose reali: Grace Kelly e Kate Middleton, la prima portavoce di una tradizione che addosso a lei faceva la miglior figura della sua vita e la seconda piena di un’eleganza che, c’è da dirlo, deriva anche dalla facoltà di potersi ispirare, anni e anni dopo, proprio a Grace Kelly.
VC
You must be logged in to post a comment Login